Cisti Pilonidale

Storia:

La regione sacro-coccigea può rappresentare la  sede naturale  di una cisti sottocutanea la cui ricorrenza si lega  tipicamente  all’età postpuberale  con un aumento dell’incidenza nel genere maschile. Più in particolare è comune nei giovani maschi con apparato pilifero bene sviluppato, nonostante  si tratti di  una patologia benigna con prognosi assolutamente buona, può  manifestarsi con dei quadri clinici impegnativi che richiedono cure medico-chirurgiche prolungate,  necessarie per la guarigione definitiva della cisti.

Clinica:

La cisti pilonidale o cisti sacro-coccigea o ”sinus pilonidalis” si presenta generalmente sotto due forme cliniche. In un primo caso si manifesta nella forma di  un ascesso sottocutaneo con rigonfiamento , arrossamento e dolore della regione interglutea al di sopra dell’osso sacro-coccigeo.  In un secondo caso invece – circostanza che riguarda i pazienti più fortunati-  si manifesta con  uno  o più fori ( cd. fistole)  nel solco mediano intergluteo dai quali fuoriesce del materiale sieroso o siero –purulento.  Tale fuoriuscita è la spia di una cisti pilonidale infetta ma fistolizzata all’esterno. Attraverso questi fori, infatti, queste fistole permettono alla cisti di drenarsi senza la formazione di un ascesso.

CISTI PILONDALE ASCESUALIZZATA
CISTI PILONDALE ASCESUALIZZATA

Patogenesi:

Per decenni si è pensato che la cisti pilonidale , cisti sacrococcigea,  sinus pilonidalis o nido di peli  fosse di origine congenita . A supporto  di questo orientamento sussisteva la circostanza che all’interno della cisti si trovano quasi sempre dei peli e in qualche rara ipotesi  dei denti.  Inoltre, nella stessa direzione della patogenesi congenita,   concorreva il fatto che  questa affezione è  riscontrabile anche nei neonati e nei lattanti. Come conseguenza, per anni  l’opinione maggioritaria ne riconosceva l’origine nervosa temporalmente allocata durante lo sviluppo embrionale ( Tourneaux e Hermann 1887) o dovuta ad un invaginazione ectodermica con inclusione congenita di tipo dermoide o epidermoide ( Ferè, 1878).

CISTI PILONIDALE RECIDIVA
CISTI PILONIDALE RECIDIVA

 

Negli ultimi anni però,   l’idea dell’origine congenita è stata accantonata a favore dell’origine acquisita di questa affezione. In buona sostanza,  la cisti pilonidale sarebbe dovuta alla penetrazione dei peli nel tessuto sottocutaneo con successiva contaminazione batterica ed infezione-infiammazione. Sebbene si tratti di una posizione scientifica datata, riconducibile  a Warren (1852) e ripresa da Patey e Scarf ( 1948),  soltanto  a partire  dagli  anni 80, grazie agli studi di John Bascom , la teoria della patogenesi acquisita è diventata la più accreditata.

Non c’è alcun dubbio, comunque, che la ipertricosi, l’obesità, il cambiamento ormonale che si manifesta in età puberale, gli indumenti restrittivi,  possano  essere elementi favorenti l’insorgenza della malattia.

Diagnosi:

La diagnosi è essenzialmente clinica. Come è stato precedentemente descritto, la cisti pilonidale si presenta come un ascesso sottocutaneo o come dei tramiti fistolosi nella regione interglutea al di sopra della regione sacro-coccigea . Spesso il paziente si reca dal chirurgo con la diagnosi corretta formulata del medico di medicina generale  o anche  con una chiara autodiagnosi : in questo senso  sia i  media che il confronto con le esperienze dei coetanei, rappresentano  un veicolo di informazioni molto efficiente.

E’ chiaro però che   la diagnosi debba essere confermata da una visita specialistica chirurgica, per alcuni motivi essenziali.  La cisti pilonidale può, seppure  in pochi casi di presentazione clinica, richiedere una diagnosi differenziale con la fistola o l’ascesso perianale.   Può inoltre richiedere il supporto dell’Ecografia ed in ipotesi marginali dell’ ecografia trans rettale o della RMN. Diversamente dalle ipotesi precedentemente descritte, è  il chirurgico  che,  alla prima visita,  grazie all’esplorazione  dei tramiti fistolosi con degli appositi  specilli ( quando è possibile )  può avere un idea dell’estensione delle fistole  e programmare insieme al paziente il tipo di intervento da eseguire.

Terapia

La terapia della cisti pilonidale è chirurgica.

Come detto, la cisti pilonidale si manifesta come ascesso o direttamente come tramiti cutanei fistolosi

Quando il paziente si presenta alla nostra osservazione con un ascesso sottocutaneo bisogna eseguire d’urgenza  in anestesia locale, in regime  ambulatoriale  una mini incisione e svuotamento dell’ascesso con immediato miglioramento del quadro clinico;  il paziente viene medicato per alcune volte con successivo controllo della malattia che si manifesta con ritorno nella norma della regione interglutea o con una fistolizzazione cutanea della cisti.  In entrambi i casi il paziente dovrà  essere sottoposto successivamente  ad intervento chirurgico .

Nel caso che la malattia si presenti direttamente come tramiti fistolosi, si impone comunque l’indicazione chirurgica.

La cura della cisti pilonidale consiste nell’asportazione di una losanga di cute-sottocute della regione interglutea al di sopra della regione sacro-coccigea comprendente i tramiti fistolosi fino alla fascia presacrale.  L’entità e la grandezza dell’asportazione   dipendono dalla manifestazione clinica dei tramiti fistolosi che, peraltro, vengono esplorati scrupolosamente durante l’intervento, mediante degli specifici specilli e con l’ausilio di coloranti biologici. A titolo di esempio si cita il blu di metilene che viene iniettato nei tramiti per l’asportazione  completa della malattia; condizione essenziale per limitare al minimo  le recidive.

Asportato il pezzo operatorio che viene successivamente sottoposto ad esame istologico, si decide , in base all’estensione delle fistole ed all’entità dell’infiammazione se eseguire la tecnica aperta o chiusa.

La tecnica chiusa consiste in una chiusura a strati della breccia chirurgica, a seguito di un attento controllo dell’emostasi.

La tecnica aperta consiste nel lasciare la ferita chirurgica  aperta, da medicare e zaffare a giorni alterni fino alla guarigione per seconda intenzione dopo qualche mese.

Benché la tecnica aperta sembri   quella che dia maggiore possibilità di guarigione e minore possibilità di recidiva, è resa più complessa da un percorso impegnativo,  di lunga durata  e percepito come difficoltoso dal paziente. Essa va pertanto considerata in via residuale: quando il chirurgo, nel corso della procedura chirurgica, ritiene che la chiusura della breccia chirurgica   non dia una sufficiente affidabilità in termini di guarigione, in un ridotto numero di casi può ricorrere alla tecnica aperta.

Negli ultimi anni abbiamo assistito allo svilupparsi di altre tecniche meno invasive , ad esempio le mini incisioni  (Bascom) di pochi millimetri con asportazione dei tramiti fistolosi con eventuale  incisione laterale per la detersione dei piani profondi in anestesia locale.  Un’altra  tecnica ideata da  Gips consiste nell’asportazione dei tramiti fistolosi e del contenuto della cisti in anestesia locale utilizzando delle lame circolari

Conclusioni:

Benché la cisti pilonidale sia un ‘affezione  benigna , il suo  percorso diagnostico-terapeutico  non va sottovalutato. Il motivo principale  risiede nel fatto che  questa affezione  colpisce sovente pazienti giovani, in ètà scolastica , e che  la decisione del percorso terapeutico comprendente i tempi dell’intervento, il tipo di intervento ed il decorso post-operatorio  non dipenda solamente dalla situazione locale dell’affezione ma anche da  altre circostanza.  Tra queste ci si riferisce al  rapporto con i genitori, alle loro aspettative ed alla natura collettiva della decisione da adottare (spesso i pazienti sono minorenni), ad un percorso che per tempi interferisca con i tempi della scuola, al tipo di sport che il paziente pratica, al coinvolgimento psicologico  del  giovane, ecc…

Il chirurgo in ogni caso, oltre a valutare  il quadro clinico, dovrà dedicare tutto il tempo possibile  per fornire una spiegazione esauriente sul percorso terapeutico e concertare con il paziente e la sua famiglia l’intervento chirurgico possibile in base alla situazione clinica.  Non vanno omesse in alcun modo le possibili complicanze  e le possibili recidive , tenendo però presente che la percentuale di completa guarigione si attesta intorno al rassicurante 100%.